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In ricordo di Anna Maria Bietti Sestieri

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1-3: immagini dello scavo di Frattesina di Fratta Polesine 1983.

4: Rovigo – Museo del Grandi Fiumi 2007, 40° anniversario della scoperta di Frattesina. Anna Maria Bietti Sestieri con alcuni soci del CPSSAE, da dx: Raffaele e Carlo Peretto, Gianfranco Bellintani, Renzo Padoan, Paolo Bellintani.

In tuo ricordo

Il 30 giugno 2023, a ottant'anni, dopo lunga malattia è scomparsa Anna Maria Bietti Sestieri, studiosa di Protostoria italiana e mediterranea, di fama internazionale.

La "Bietti Sestieri" ("… è un po' il mio nome d'arte", mi disse un giorno, lasciando facilmente intuire il profondo legame umano e scientifico con un'altra figura fondamentale della Preistoria italiana del XX secolo: il marito Amilcare Bietti) nasce, in senso accademico, come etruscologa, laureandosi a Roma con Massimo Pallottino, per poi specializzarsi in archeologia pre-protostorica (1964-66). Per più di vent'anni anni (1974-1995) ha lavorato presso la Soprintendenza di Roma; dal 1995 al 2003 è stata Soprintendente archeologo dell'Abruzzo e dal 2004 al 2005 Dirigente per il settore Musei e Parchi Archeologici presso la Direzione Generale per i Beni Archeologici del Ministero per i beni culturali. La sua carriera si è conclusa come titolare della Cattedra di Protostoria Europea per l'Università del Salento (Lecce), ruolo ricoperto dal 2006 al 2013.

Ma il vero "ruolo" di questa straordinaria studiosa in oltre 40 anni di attività scientifica non è certo rintracciabile solo negli incarichi ricevuti dall'amministrazione dello Stato. Basti ricordare, a titolo d'esempio, il suo impegno sul campo nel territorio di Roma, con gli scavi di complessi dell'età del Ferro come l'abitato di Fidene e le necropoli di Castiglione e Osteria dell'Osa. Fu proprio per la monumentale pubblicazione di Osteria dell'Osa, riconosciuta come il suo lavoro più rappresentativo, che la Prehistoric Society nel 1996 le conferì l'Europa Prize, uno dei più prestigiosi riconoscimenti in campo archeologico. Altri settori in cui intervenne fin dall'inizio della sua attività sono: lo sviluppo della metallurgia del bronzo in Italia, di cui ricordiamo, da ultimo, "Prehistoric Metal Artefacts from Italy (3500-720 Bc) in the British Museum" (edizione integrale dei bronzi italiani presenti al British Museum, curata assieme a Ellen Mac Namara e Duncan Hook) e quello della Protostoria dell'Italia meridionale e della Sicilia, vista in particolare nei rapporti con il mondo egeo e vicino orientale. In tutti questi (ed altri) lavori prestò sempre molta attenzione agli aspetti metodologici e teorici della disciplina archeologica e della Protostoria in particolare. A testimonianza di ciò resta il manuale di Protostoria italiana da lei curato nel 2010: "L'Italia nell'età del Bronzo e del Ferro. Dalle palafitte a Romolo", edizione riveduta ed ampliata di Protostoria. Teoria e pratica del 1996.

Meno "severa" del mondo accademico italiano, che riconobbe solo a pochi anni dal pensionamento il valore e l'apporto dei Suoi studi per la formazione di nuove generazioni di archeologi, la comunità degli studiosi italiani e stranieri chiamò Anna Maria Bietti Sestieri a partecipare e/o a presiedere i Comitati Scientifici e organizzativi di numerosi congressi, in particolare le Riunioni Scientifiche annuali dell'Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, Istituto di cui fu anche Presidente dal 2003 al 2009.

Non sono mancati anche più specifici riconoscimenti: membro onorario a vita della British School at Rome e dell'Institute for American Archaeology, membro corrispondente dell'Istituto Archeologico Germanico ed infine socia dell'Accademia Nazionale del Lincei.

Non certo sufficienti queste poche parole per descrivere e dare il giusto risalto al lavoro di Anna Maria Bietti Sestieri, lasciamo il compito a ben altri scritti (i suoi, in primis) già ricordati in questi giorni nelle commemorazioni di molti Enti ed Istituzioni scientifiche.

Come Presidente del Centro Polesano di Studi Storici Archeologici ed Etnografici - e a nome del suo consiglio direttivo - vorrei invece proporre alcune considerazioni e personali ricordi su un altro importante capitolo della vita scientifica di Anna Maria: Frattesina di Fratta Polesine.

All'inizio degli anni Settanta del secolo scorso, grazie ad una borsa di studio della Macnamara Fundation, si impone all'attenzione del mondo scientifico con uno studio, "The metal industry of continental Italy, 13th to the 11th century BC, and its connections with the Aegean, pubblicato sui prestigiosi "Proceedings of the Prehistoric Society", in cui per la prima volta Frattesina, l'ormai ben noto abitato protostorico datato tra XII e IX sec.a.C., veniva portato all'attenzione della comunità scientifica internazionale. La pubblicazione è del 1973 e nel 1974 Anna Maria aveva già assunto la direzione, per conto dell'allora Soprintendenza alle Antichità delle Venezie, delle ricerche sul campo che proseguiranno con interventi annuali fino al 1979 e poi ogni due anni fino al 1989 (11 campagne di scavo). Cosa aveva portato Anna Maria nel cuore della Protostoria mediopolesana?

Da un lato la rapida pubblicazione delle prime scoperte, avvenute tra il 1967 e i primi anni '70, su "Padusa", la rivista del CPSSAE. Dall'altro alcune occasioni create da relazioni professionali, che talvolta sono anche di stima e amicizia.

Fu infatti grazie al sostegno di Giulia Fogolari e Bianca Maria Scarfì, al tempo rispettivamente Soprintendente e Ispettore Archeologo per la Provincia di Rovigo, che il CPSSAE aveva potuto realizzare ricognizioni di superficie, carotaggi e alcuni sondaggi, di cui venne data subito notizia sulla rivista dell'associazione. Fu in particolare il "tesoretto", l'insieme di ornamenti in bronzo, avorio, uovo di struzzo, ambra e vetro che attirò, all'epoca, l'attenzione di molti studiosi e che Anna Maria seppe ben collocare nella giusta cornice storica, a cavallo tra la frequentazione micenea delle coste italiane nei secoli centrali del II millennio a.C. e la ripresa di contatti sistematici con l'Egeo e l'Oriente mediterraneo a partire dall'VIII sec. a.C.

Ma un ruolo di "calcio d'inizio" lo ebbero anche i rapporti professionali e di stima tra Amilcare Bietti e Alberto Broglio, docente a Ferrara, "maestro" di Raffaele e Carlo Peretto, allora giovani soci del Centro Polesano, e amico di Gianfranco Bellintani, socio fondatore del CPSSAE.

A partire da qui Anna Maria, la maggiore e più qualificata studiosa di Frattesina, ebbe modo di delineare, in vari saggi e relazioni congressuali in Italia e all'estero, un articolato quadro delle relazioni culturali e di scambio della tarda età del Bronzo nel Mediterraneo centrale, in cui Frattesina fu definita un "centro internazionale di produzione e di scambio", ossia caratterizzato da un eccezionale sviluppo di attività artigianali legate a materie prime locali ed esotiche (metalli, ambra, avorio, uovo di struzzo), nonché a tecnologie innovative per l'epoca, come il vetro. Su "Padusa" furono pubblicati due di questi contributi, che si collocano a molta distanza l'uno dall'altro ma entrambi ancora frequentemente citati nella letteratura di settore: Elementi per lo studio dell'abitato protostorico di Frattesina di Fratta Polesine (Padusa 1975) e L'età del Bronzo finale nella penisola italiana (Padusa 2008).

Del clima degli scavi a Frattesina, a cui ho partecipato fin dal principio all'età di quattordici anni, ho vari ricordi, a partire dal suo impegno, la meticolosità nella registrazione dei dati, ma soprattutto la sua profonda e radicale volontà di cambiamento, peraltro tipica di quegli anni: dalle innovazioni nell'approccio alla disciplina (Anna Maria, sempre assieme ad Amilcare, fu tra i protagonisti della new archaeology italiana) alle richieste di una giusta valutazione del ruolo delle donne anche nel campo della ricerca scientifica. Poi, nel 1989, l'ultima campagna di scavo.

Negli anni che seguirono una serie di eventi portarono Anna Maria sempre più lontano da Frattesina: la conclusione degli scavi e soprattutto l'edizione delle ricerche di Osteria dell'Osa e i nuovi ruoli di Soprintendente in Abruzzo e Dirigente al Ministero. Mantenne tuttavia stretti rapporti con chi continuava ad occuparsi del sito (e delle sue necropoli) per motivi di tutela e studio: Maurizia De Min e Luciano Salzani, funzionari della Soprintendenza, e con me che avevo intrapreso lo studio del materiale ceramico, aiutato in questo anche da Alessandro Guidi, allora all'Università di Verona, che assegnò due tesi sull'argomento a Massimo Saracino e a Barbara Chiaffoni. Nel 2009 aprì i battenti il nuovo Museo Archeologico Nazionale di Fratta Polesine che la vide nel comitato scientifico e nel gruppo di lavoro che operò per il suo allestimento.

Con il passaggio di Anna Maria all'Università e l'interessamento di Vincenzo Tiné, allora Soprintendente archeologo in Veneto, per Frattesina sembrò essere arrivato il momento della conclusione delle ricerche avviate nel 1974 e della loro edizione integrale. Era il 2013. Anna Maria cominciava a manifestare i primi incerti segnali di quel male che l'avrebbe spenta dieci anni dopo, ma era ancora perfettamente in grado di cogliere questa preziosa occasione. Grazie ad un primo finanziamento della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, nel 2014 partimmo con la ripresa delle indagini sul campo e con una prima tranche di indagini analitiche sui materiali. La loro presentazione all'Accademia Nazionale dei Lincei, nel 2015, portò all'ultima fondamentale pubblicazione di Anna Maria su Frattesina, uscita nelle "Memorie" del prestigioso istituto culturale italiano, ossia un volume curato dalla stessa, da me e da Claudio Giardino (2019). Non poté invece partecipare al convegno internazionale tenutosi al Museo dei Grandi Fiumi di Rovigo nel 2018 in occasione del 50° anniversario della scoperta e delle prime indagini del sito.

Mancò a tutti e tutti le tributarono un doveroso riconoscimento. In quell'occasione, a me mancò anche mio padre, scomparso il 13 dicembre 2014. Tra gli scopritori di Frattesina e autore di numerosi contributi scientifici pubblicati su "Padusa", fu legato ad Anna Maria da profonda stima e ricambiata amicizia.

Di ciò che accadde poi, ossia della ripartenza delle ricerche con il nuovo progetto "Prima Europa. La protostoria del Polesine" sempre grazie a Vincenzo Tiné e alla Fondazione CARIPARO, progetto che tocca i tre grandi siti mediopolesani di Frattesina, Villamarzana e Campestrin e che coinvolge le Università di Roma "Sapienza" e di Padova, il CPSSAE e la Soprintendenza ABAP di Verona, non parleremo qui. Altre sedi, altre occasioni ci saranno a partire dalla campagna di scavo prevista a settembre-ottobre 2023 a Frattesina, diretta da Andrea Cardarelli, già operativo da molti anni su Frattesina grazie alla collaborazione con Luciano Salzani nello studio della necropoli di Narde, e da chi scrive.

In quelle sedi, in quelle occasioni, continueremo a ricordare il grande lavoro di Anna Maria Bietti Sestieri.

Paolo Bellintani

Presidente del C.P.S.S.A.E.